venerdì 3 giugno 2016

Introspezione, un salto dentro la coscienza

 

Introspezione

Eccomi qui, oggi sono nato, è il mio compleanno ed è uno di quei giorni in cui provo la necessità di pensare un po più intensamente e soprattutto seriamente, in maniera introspettiva, uno di quei giorni di quelli che mi capitano sempre più spesso negli ultimi tempi, ma sicuramente in maniera incoerente, perchè di solito sono i giovanissimi che sentono dentro questo impulso. Giorni accelerati da una certa mistica alchimia.  Eppure non riesco a concentrarmi, è difficile mettere a fuoco i problemi, o meglio la soluzione, poiché pur avendola chiara davanti agli occhi, ne reprimo l'impulso. Non voglio accettare la verità nuda e cruda, perché fa male, troppo male. Anche se dentro me ho chiarissimo il disegno che si sta delineando, lo spazio viene riempito dalla sostanza che prende forma, illogica nel pensiero razionale, ma pienamente coerente se osservata con distacco, dall'alto di un piano naturale, che può esistere solo al di sopra del quadro dei sentimenti, elementi che ne inibiscono l'esistenza. Vivere dovrebbe essere la cosa più semplice del mondo, ma viene resa complicata da algoritmi avulsi a noi, ma comunque tangenti al nostro se. Tutti dovuti ad intrecci di forze incompatibili tra loro, più cerchiamo di semplificare più vengono a crearsi contrasti difficili, non solo da vivere, ma anche da comprendere. Come la misura delle velocità di un elettrone non permette di misurarne la posizione è viceversa.

Ci lasciamo sopraffare da noi stessi, quando sarebbe così semplice lasciar perdere per non perdersi. Una spinta a vincere a qualsiasi così ci porta a sbagliare, lottando con noi stessi, e l'insieme delle nostre identità non è più un collaborare ma un divergere, una guerra civile in cui nessuno ha torto o ragione. Una guerra fratricida che porta dolore interno ed esterno. Sarebbe così semplice lasciarsi andare, far finta di niente, passare per ingenui. Perché se nella semplicità si nasconde il segreto della vita, è nella complessità che si preparano dolore e morte. Come la singolarità ha generato l'universo, così la complessità lo sta portando al caos. Come la singola cellula ha dato inizio alla vita, così la nostra complessa civiltà, nella quale miliardi di individui collaborano o competono ne sta sentenziando la fine. Nessuno si guarda dietro, nessuno butta un occhio al futuro, tutti impegnati a consumare il presente, come una candela nel buio della notte. Non  rimarrà altro che un pugno di cera, senza luce, al buio delle nostre coscienze. E la cultura ? Sono colto ? No, forse mediamente informato, forse in alcune materie un po troppo informato. Spesso, noto in me un certo assurdo ed involontario compiacimento nel mostrare durante una  discussione conoscenze superiori alla mia controparte, l'interlocutore che al momento mi trovo di fronte. Alle volte è una lotta che perdo perhè chi ho di fronte ha più informazioni di me o almeno ne ha una più chiara visione. Ma quando sono io a vincere, c'è gran soddisfazione, riuscire a sottomettere l'interlocutore è una bella sensazione e questa è la competizione darwiniana e animalesca, ma sarebbe meglio, molto meglio trasformarla in collaborazione, quando so qualcosa di più dovrei condividerlo non vantarmene. E invece vincere, essere al di sopra. Spesso non conta neppure essere nel giusto, l'importante è dimostrare la propria superiorità, è assurdo, umano ma assurdo. E poi c'è l'aspettativa, quello cioè che gli altri si aspettano da te. Che fastidio, dover sempre compiacere qualcuno, a volte un superiore al lavoro, alle volte parenti o magari amici. Perché, mi domando ! È del tutto assurdo dover assecondare altri e non noi stessi. La vita potrebbe e dovrebbe essere molto meno complicata. Io sono io e tu sei tu. Io vivo a modo mio è tu a modo tuo, qual'è il problema, perché devi sentire il bisogno di assoggettarmi a ciò che gli altri si aspettano da te ? Per stare in pace forse ? Ma questo è assurdo, per stare in pace con gli altri devi star male con te stesso ? Non ha senso. Tanto più che la maggior parte tempo la passo con me non certo con gli altri.

Nessun compromesso è accettabile. Questa parola dovrebbe essere abolita dai vocabolari. Ogni volta che si trova un compromesso nel quale si da qualcosa in cambio di qualcos'altro, si stipula un accordo, e questo può essere accettabile e necessario in taluni casi, ma non è mai accettabile quando si parla di rapporti umani, quando ci sono di mezzo i sentimenti e la propria umanità.

E allora bisognerebbe volersi bene, cercare il paradiso interiore, non altre cose. Cercare di avere una visione sciamanica dell'esistenza, capire che il corpo è solo parte di noi, non tutto, dicendo questo risulta implicito che siamo molto più di un corpo.

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